7

Considerazioni sul defibrillatore

*** VEDI AGGIORNAMENTO DEL 21/07/2016 ORE 9:30
Il decreto Balduzzi, Decreto Legge 13 settembre 2012, n. 158, aveva introdotto l’obbligo di dotarsi di Defibrillatore per tutte le 110 mila società sportive dilettantistiche italiane. Di proroga in proroga tale obbligo è entrato definitivamente in vigore da oggi mercoledì 20 luglio 2016.

Una legge che impone un obbligo “salvavita” e poi ne proroga i termini per ben quattro anni, può essere eufemisticamente definita un pasticcio. Si tratta della solita legge all’italiana che sotto sotto nasconde, neanche tanto bene se noi ne vendiamo il nesso, un’occasione, un affare per produttori, concessionari e venditori di D.A.E. Perché, diciamocelo apertamente, un apparecchio obbligatorio che costa da uno a più migliaia di euro non è cosa da prendere alla leggera. Una legge furba, se veramente ci fosse la volontà di salvare la vita ai cittadini, dovrebbe prevedere sostanziose contribuzioni pubbliche per agevolarne l’adozione, l’acquisto, la diffusione, l’utilizzo immediato in caso di necessità.

Altra riserva che ci interessa esprimere sul Decreto Balduzzi, ma anche su tutta la normativa dell’ambito sportivo, è la presunzione assoluta presente in ogni direttiva, interpretazione, norma, circolare emanata da enti pubblici (Ministeri, Direzioni, Regioni, Coni, eccetera, ….) che l’attività sportiva è svolta unicamente da strutture coordinate e riconosciute dal CONI. È come se i milioni di partite, tornei, gare, prove, sfide, anche con impegno fisico e cardio-vascolare importante che si organizzano annualmente sul territorio italiano in Oratori, Parrocchie, istituzioni, Circoli, Associazioni ed enti delle più svariate finalità, non esistessero.

La questione è paradossale, tuttavia è così: lo sport è quello fatto dal CONI. Tutto il resto non esiste perché non è considerato sport. Punto.

Purtroppo il punto non è fermo. Per ogni organizzazione di attività sportiva o di gioco con impegno fisico e cardio-vascolare importante, il rischio di tutto ciò che può capitare anche involontariamente a coloro che vi partecipano è attribuito all’organizzatore, al legale rappresentante dell’ente organizzatore, oltre che al responsabile della singola attività (dirigente, tecnico, allenatore, arbitro). Perché?, ci si domanda. Perché chi scrive e emana le leggi non è la stessa persona che in caso di danno grave giudica il responsabile. Coloro che amministrano la giustizia non si occupano delle disposizioni di legge se non per trovarne la giusta (secondo personale convinzione) interpretazione e per condannare l’eventuale responsabile alle conseguenze penali oltre che al risarcimento del danno.

Conclusione di questo ragionamento è: non bisogna illudersi che una carenza difettosa delle norme legislative possa costituire alibi dalla responsabilità. Se nelle nostre attività mettiamo in moto iniziative che impegnano fisicamente e in modo importante, a rischio muscoli, cuore e polmoni, dobbiamo sentirci anche responsabili di ciò che può accadere a coloro che vi si assoggettano. In caso di grave crisi cardio vascolare con le conseguenze che si possono immaginare, quand’anche un giudice decidesse di non incriminare i responsabili, gli stessi sarebbero schiacciati da rimorso colpevole per una vita perduta o per una invalidità permanente di un tesserato, adulto o giovane, o ragazzo, o bambino.

Attenzione. Non faccio questi ragionamenti per allarmare, ma solo per “ragionare”. Evito di entrare nell’argomento “certificato medico sportivo” perché ne abbiamo questionato già molte volte, concludendo che 40 euro per un certificato sono un investimento, non un costo, sulla salute di chi gioca con impegno. Mi limito a esprimere delusione per un insuccesso pressoché totale dell’operazione “Oratorio sicuro” con offerta speciale del defibrillatore: su 200 circoli di NOI Verona i D.A.E. collocati si contano con poche dita di una sola mano.

Per essere concreti, a giorni collocheremo un D.A.E. nel giro scale della nostra Segreteria NOI. Facciamo incontri, consigli, assemblee, formazione con una frequentazione intensa di persone di ogni età.

È impensabile che nei circoli, nelle parrocchie, dove si svolge il Grest, nei campi sportivi con centinaia di soggetti che praticano e che rischiano, nessuno se ne faccia obbligo. A prescindere dall’obbligo legale.


AGGIORNAMENTO DEL 21/07/2016 ORE 9:30

La storia diventa “infinita” perché nello stesso giorno di decorrenza della legge, il Governo rinvia la scadenza di altri 4 mesi: novembre 2016.

Non è che le cose possano cambiare in meglio. Tuttavia…. pare che nella testolina di chi sta in alto si sia insinuata qualche perplessità.
Qualcuno (le società sportive dilettantistiche) si chiedono perché il Decreto Balduzzi imponga l’obbligo del defibrillatore alle associazioni e società sportive e non lo faccia invece nei confronti dei gestori degli impianti sportivi. Insomma, dopo quattro anni di tentennamenti ci si accorge che la Legge è sbagliata.
Che senso ha, infatti, obbligare centinaia di migliaia di associazioni, a volte di piccole dimensioni, quasi sempre a corto di risorse, a spendere migliaia di euro per uno strumento che utilizzerebbero in strutture (campo di gioco, palestra, ecc.) utilizzate da altre associazioni sportive con analogo obbligo e sempre nelle stesse strutture? Obblighiamo le strutture a dotarsene, e la questione sarebbe anche già risolta. I gestori dei campi aggiungono 5-10 euro alla quota/contributo per l’utilizzo del campo e in 150 partite il defibrillatore è acquistato, assistito, revisionato, sempre perfettamente funzionante. 
Qualora si pervenisse a questa semplice soluzione – si tratta di ipotesi su cui mi permetto di ragionare scrivendo – gli allenatori delle squadre si impegnano a partecipare al corso di formazione per l’assistenza in caso di emergenza, oppure la gestione dei campi offre la propria a fronte di regolare corrispettivo.
Semplice.
Purtroppo, la semplicità i nostri legislatori non sanno neanche cosa sia.