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Dalla panchina alla vita

Dalla panchina alla vita è il tema della tavola rotonda svoltasi il 25 novembre nel contesto del Festival della Dottrina Sociale della Chiesa – #Soci@lmenteLiberi. È un confronto a più voci sul senso di panchina, sostantivo che contiene molteplici significati.

Quattro gli ospiti intervenuti: persone dotate di particolare sensibilità umana che dedicano tutto quel che hanno nel realizzare i piccoli grandi sogni di persone con disagio psichico e fisico, e di chi sceglie di rimanere ai margini.
Un intreccio di storie autentiche raccontate da chi tutti i giorni siede sulla panchina a fianco dei bisognosi per aiutarli a rialzarsi e svelare loro quanto la vita può ancora sorprendere.
Eccoli:

  • Marco Ottocento, imprenditore del settore moda. Ha creato con altri genitori la Fondazione Più di un Sogno che da 15 anni aiuta bambini e ragazzi con disabilità intellettiva a sviluppare le proprie capacità e ad affrontare la vita quotidiana, realizzando il proprio progetto di vita.
  • Nicoletta Caselin – Ex cestista di basket. Ha vinto 4 coppe Italia e uno scudetto. Con la maglia azzurra ha vinto l’argento europeo del 1995 e partecipato a varie edizionI dei giochi del Mediterraneo e delle olimpiadi.  Ha sviluppato a Verona il Baskin – basket inclusivo – dove le competenze di tutti vengono messe in campo per fare insieme un’attività sportiva che permette a tutti di giocare insieme secondo le proprie abilità. Così i ragazzi del settore giovanile Buster Basket e ragazzi con differenti disabilità si incontrano perché il piacere di fare sport sia pretesto di conoscenza e stimolo per sperimentare piccole sfide di autonomia personale e sociale.
  • Roberto Nicolis, fondatore dell’associazione “la Grande Sfida onlus” che da 28 anni promuove l’inclusione di ciascuna persona con fragilità umane e sociali nella comunità. La Grande Sfida coinvolge attivamente scuole, università, associazioni sportive, culturali, artistiche, chiese, comuni e imprese promuovendo una rete di condivisione esperienziale. Le attività socio-sportivo culturali anno hanno lasciato un segno importante nella città di Verona ed in oltre 80 comuni della provincia.
  •  Amedeo BezzettoPsicologo e psicoterapeuta presso l’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Santa Giuliana di Verona, responsabile dell’Area riabilitativa Adolescenti. Ha creato il “Centro per gli adolescenti e la famiglia”, per aiutare gli adolescenti che stanno male, ma ancora non lo riconoscono. Un luogo fuori dall’ospedale dove i ragazzi vengono ascoltati per capire come stanno davvero e vedere cosa fare.

Sintesi della tavola rotonda:

Panchina, una tappa della vita
Prima o poi capita a tutti di rimanere in panchina. Non si è sempre all’altezza delle situazioni e delle performance. Per molti le prime avventure agonistiche partono proprio da una panchina, nell’attesa di giocare la partita importante quella che ti lancia, che ti promuove verso nuovi traguardi. In panchina a volte ci si finisce autonomamente: quante volte da piccoli presi da momenti di orgoglio ferito, si abbandona il campo da gioco portandosi dietro il pallone e ritirandosi in panchina? Gli altri restano lì a guardarti nella speranza che almeno rimetti in gioco il pallone per tutti loro.
Insomma restare in panchina non fa sempre male: ti aiuta a prendere tempo, puoi guardare gli altri, capisci dove devi arrivare, sogni futuri importanti.

Panchine come luoghi di transito non tappe fisse
Non è un problema restare in panchina, lo diventa, un problema, se da lì non ci si smuove più. Si resta “al palo” per mancanza di fiducia, per mancanza di sogni, di prospettive. Il tempo del Covid e le prospettive di futuri incerti, consentendo di sperimentare quanto è bello fare tutto da remoto (studiare, parlare, fare amicizia, vedere film…etc.), sembra aver volontariamente relegato su panchine casalinghe molti ragazzi e non solo. Oltre 15 anni fa  un libro anticipatore parlava di “Epoca delle passioni tristi”, una prospettiva che sembrava indicare orizzonti ristretti, paura di volare e sognare con passione  il futuro. 

La responsabilità di educatori e allenatori nei confronti delle panchine
Spetta a chi assume ruoli educativi stare molto attenti a non fossilizzare i ragazzi su panchine.  A bordo campo dovrebbe sempre esserci la borsa con i prodotti di emergenza (la prodigiosa borsa a disposizione per i momenti difficili nel gioco), una borsa sempre ben rifornita di capacità di accogliere, di stare in relazione, di trasmettere passione. Sono gli ingredienti  che assicurano, per quanto possibile, di “tirare fuori dalle panchine” ognuno di noi. In effetti puoi allenare senza passione, fare animazione senza relazionarti, aprire spazi di incontro senza accogliere nessuno!

I sogni incredibili di chi ha trasformato le panchine in razzi!
Poi ci sono persone con grandi passioni, con una carica forte di coinvolgimento e capacità di relazione che hanno fatto miracoli, lanciando verso futuri veramente innovativi le persone a cui la società riconosce fragilità e diversità non comprensibili. Ecco allora lo sport con i disabili, l’impresa sociale con le persone svantaggiate, il ritorno alla vita piena di quanti si erano persi dietro a difficoltà interiorizzate dentro crisi profonde nella loro storia personale.

Anche il Vangelo sembra intendersene di panchine
“Venite in disparte e riposate un poco”: è l’invito evangelico a prendersi del tempo, a fermarsi. Un tempo fondamentale, non a caso il Vescovo di Verona ha dedicato a questo tema (il silenzio e il prendere tempo) un’intera lettera rivolta alla gente di questo territorio veronese proprio per questo 2023.  Ma in un altro passo il vangelo sembra superare il tempo della panchina: gli operai dell’ultima ora, presi con regolare retribuzione a giornata anche se iniziano a lavorare nei campi (.. a giocare) anche proprio a fine giornata (a fine partita)  sembrano  tranquillizzare le nostre vite: non ti preoccupare… non è mai tardi per entrare in campo, la vita ti tende una mano sempre, l’invito  a buttarsi in campo rimane sempre aperto. Il vangelo non è un libro per fermare la gente sulle panchine.

La panchina simbolica che NOI e CSI desiderano realizzare. Costruire una panchina alta, molto alta e molto grande… è un bel simbolo: spazi ampi per sedersi in tanti, per guardare bene dall’alto il campo di gioco… a attenzione è una responsabilità delle organizzazioni che si fregiano di importanti responsabilità sociali ed educative non lasciare i ragazzi con le gambe a penzoloni a guardare dall’alto su panchine e dalle quali non è possibile scendere da soli!


Nel corso della “tavola rotonda” Fabio Fornasini ha posto tre domande ad ognuno degli ospiti, le risposte che sono seguite, che non potevano non essere impreziosite con dettagli e sfumature dovute al vissuto e al contesto del rispondente, hanno evidenziato la necessità di essere buoni educatori non solo nelle sedi di istruzione, ma soprattutto in famiglia, di riservare particolare attenzione alle emozioni dei ragazzi perché esse sviluppano un’atteggiamento psicofisico funzionale al contesto in cui vengono vissute: se alla sconfitta viene legato un’emozione infelice difficilmente ci si rimette in gioco vivendo la panchina come elemento di conforto e non da cui alzarsi.
Ecco le domande:

  1. Se dovessimo farci carico di tutte le panchine del mondo, mi viene da pensare, dovremmo creare un esercito di operatori e tecnici specializzati di arredo urbano. In riferimento al vostro lavoro di volontariato, imprenditoria sociale e professione socio sanitaria, qual è la panchina sulla quale avete sentito l’urgenza di lavorare e che vi ha smosso a fare qualcosa?
  2. Avete mai la sensazione di “liberare i sogni” dei vostri ragazzi, famiglie e interlocutori, mi raccontate quando avete la sensazione che state liberando i sogni.
  3. Mi raccontate qualcosa su trasmettere passioni alle persone che accogliete, che curate, che intercettate nel vostro lavoro?

Le risposte potete ascoltarle direttamente dalla voce di Amedeo Bezzetto, Marco Ottocento, Nicoletta Caselin e Roberto Nicoli. Puoi vedere la registrazione video dell’incontro “dalla panchina alla vita” cliccando l’immagine.

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Commento ( 1 )

  1. Racconta la tua panchina: i vincitori – NOI Verona – APS says:

    […] com’è nato il Contest e la tavola rotonda “dalla panchina alla vita”. È stato emozionante, utile, divertente, importante anche […]